
La mia prima esperienza Servas è stata in Irlanda. Avevo inviato una quindicina di lettere con un mese di anticipo e con la richiesta di ospitalità. Ho ricevuto tre risposte. Con l’inesperienza dei principianti, ho pensato che quella fosse la media generale dei riscontri in tutti i paesi.
Così, l’anno successivo ho inviato in Inghilterra, dove intendevo passare l’estate, una cinquantina di lettere, nella speranza, in base all’esperienza dell’anno prima, di avere almeno una dozzina di responsi affermativi . Con mia grande sorpresa, hanno risposto quasi tutti. Entusiasta di quella generosità, ho portato il malloppo all’incontro regionale, per farlo vedere ai partecipanti che conoscevo.

“Hai usato il titolo di dottoressa!”. Quale misfatto!...

Per sicurezza, la domenica sera ho nuovamente chiamato casa sua per confermare l’incontro. Lui non c’era, mi ha risposto la figlia più giovane, che si è impegnata a riferire il messaggio. Conoscendo la sbadataggine degli adolescenti, mi sono raccomandata di non dimenticarsene. Il mattino dopo il treno - rapido di nome ma non di fatto - è arrivato con più di mezz’ora di ritardo. In diversi siamo andati alla biglietteria per avere il modulo del rimborso, ma inutilmente.
Così, di gran corsa, visti tutti gli impegni che avevo in mattinata, prima di recarmi nel pomeriggio a Vercelli, sono andata all’edificio dove c’era l’ufficio di Luigi. Ma… sorpresa! Lui non c’era e non sarebbe arrivato. Bella fregatura!

Quando ho comunicato a Luigi la mia visita andata a vuoto, non so bene per quale motivo è caduto dalle nuvole e mi ha risposto: “Ah, dunque, lemme lemme te ne sei venuta a Novara?” Dato che dovevo riuscire a recarmi in mattinata in una decina di luoghi diversi – il pomeriggio andavo a Vercelli - la mia andatura era tutt’altro che lemme lemme. Inoltre, avrei volentieri evitato di sprecare il tempo speso nell’andare al suo ufficio per niente, se solo avesse avuto la premura di avvertirmi che sarebbe stato assente dal lavoro. L’ho trovata una totale mancanza di riguardo e per questo motivo ho cancellato la sua amicizia su Facebook, il vedere delle foto della figlia mi faceva tornare in mente ogni volta lo sgradevole episodio.


Ad un recente incontro regionale, Luigi Uslenghi mi è venuto incontro allargando le braccia e pronunciando la parola: “Scrittrice!” Questo perché aveva visto su Facebook, a cui mi ero da poco iscritta, questa definizione nel mio profilo. In realtà era da una ventina d’anni che scrivevo e traducevo libri e per questa ragione avevo ritenuto di potermi definire tale. Che fosse millantato credito?

Ah già, le scarpe. Poco dopo è venuto infatti il biasimo anche per quelle, che non erano adatte alla camminata che lui e il gruppo stavano per intraprendere. Ma io non andavo con loro, mi ero offerta di rimanere nella villa per aiutare a rigovernare.
Ci sono stati altri episodi simili di precisazioni, puntualizzazioni, biasimo, (altri sinonimi) e via discorrendo. Dura la vita!

Nel corso di uno degli incontri regionali Luigi aveva portato un vassoio di biscotti. Avevamo finito il pranzo e lui passava ad offrirceli. "I Pavesini!" ho esclamato io riconoscendone la forma. Invece no. Luigi mi ha subito corretta. "Questi sono molto più buoni dei Pavesini!" Quindi la forma era identica, il sapore identico, ma questi erano molto migliori e non erano da confondere...