Fiat 126 - Da Terranova a Sestrière - travellingwithservas

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Da Terranova a Sestrière a battere i denti…

Anne e David venivano da Newfoundland, l’isola canadese dell’Oceano Atlantico che noi conosciamo come Terranova. Avevano prenotato un alloggio a Sestrière in un condominio in multiproprietà. Purtroppo per loro, le cose sono iniziate malissimo. Il giorno del loro arrivo a Torino, dopo aver ritirato l’auto che avevano noleggiato, erano andati in Duomo, pensando di vedere la Sindone. Non sapevano che l’ostensione del Sacro Lenzuolo avviene solo raramente e in occasioni particolari. Hanno dovuto accontentarsi di vederne la copia, che è sempre esposta.
Poi, sono andati a trascorrere il resto del pomeriggio da una Servas a cui avevano scritto in precedenza. Verso sera, questa signora mi ha telefonato chiedendomi di accoglierli  per cena e di preparargli un piatto di pasta, in modo che potessero proseguire con la cena già fatta.

Mi sono molto preoccupata. Era l’inizio di novembre e Sestrière in quel periodo – non c’era un briciolo di neve e gli impianti erano fermi - era piuttosto deserta. Ho provato a far presente la cosa, ma lei mi ha risposto che non ci sarebbero stati problemi. Quando i due viaggiatori sono arrivati da me, ho detto loro la stessa cosa. Ovviamente non potevo insistere più di tanto perché sembrava che volessi mandarli via e, dato che non li vedevo preoccupati, ho accettato la cosa, anche se la mia apprensione non è diminuita. Quando, dietro sua domanda, ho risposto a David che da casa mia a Sestrière c’erano 60 chilometri,  lui ha scrollato le spalle ed ha sorriso. Li considerava un’inezia. Neanche l’avergli detto che si trattava di una strada di montagna e che occorreva più tempo del normale per percorrerla lo ha dissuaso.

Hanno quindi consumato la cena in tutta calma, chiacchierando e chiedendomi informazioni sul luoghi che avrebbero voluto visitare nei giorni seguenti. Mentre guardavo scorrere le lancette dell’orologio ero sempre più preoccupata perché prevedevo il disastro a cui, secondo me, stavano andando incontro.
Purtroppo, è andata ancora peggio di quanto avessi previsto. Sono arrivati a Sestrière intorno a mezzanotte. In giro non c’era anima viva, i bar e i ristoranti erano chiusi.

Non essendoci alcuno a cui chiedere dove fosse l’appartamento che avevano prenotato, si sono decisi a suonare il campanello di una casa dove c’erano le luci ancora accese. Per fortuna il residente conosceva il custode della multiproprietà e lo ha avvertito per telefono. Ovviamente, costui non parlava una parola d’inglese. Si è limitato ad accompagnarli all’appartamento e a lasciare loro le chiavi, dopo aver acceso il riscaldamento. Però sarebbero occorse ore per portare il locale, da gelido che era, ad una temperatura accettabile. Abbandonati al loro destino, si sono messi addosso tutti i vestiti che avevano, si sono avvolti in lenzuola e coperte e hanno cercato di dormire, senza riuscirci. Verso le 5, si sono trasferiti nell’auto, dove hanno acceso il riscaldamento. Appena hanno visto aprirsi un bar, vi si sono precipitati, cominciando a bere un caffè dopo l’altro…

Più tardi, quando ci siamo incontrati, erano ovviamente furiosi. Per fortuna però avevano un bel carattere e sono riusciti a mettere da parte il pensiero di quella brutta esperienza notturna per godersi in resto del giorno. David ha persino scherzato sulle loro peripezie citando la famosa frase di Groucho Marx: “Oggi sono stato in un bar, ho chiesto qualcosa di caldo e mi hanno dato un cappotto”. Avrebbe tanto voluto che lo avessero fatto anche con lui!
Da parte mia, ero decisa a non farli tornare a casa con un brutto ricordo del mio paese. Per una settimana intera mi sono dedicata a loro anima e corpo. Il primo giorno li ho portati ad Avigliana a vedere i laghi ed il castello. Da lì abbiamo proseguito per la Sacra di San Michele, che li ha affascinati.

Il giorno successivo siamo andati a Torre Pellice, dove ho spiegato loro a grandi linee la storia dei Valdesi. Al ritorno, ci siamo fermati a Luserna e siamo andati al bar sotto i portici del municipio a prendere un tè. Qui lavorava una ragazza che parlava un po’ d’inglese e che, quando loro le hanno regalato una bella spilla con la bandiera canadese, li ha ricambiati con una piccola confezione di canestrelli. Loro hanno rilanciato con un magnete da frigorifero con la foglia del maple, l’acero. Lei li ha contraccambiati con un Kinder snack. Il tutto fra molte risate e battute. Quando siamo andati via, lui era entusiasta. “We traded!” mi ha detto, emozionato e raggiante. Nei giorni seguenti ci sono stati altri simpatici episodi di questo genere, nel corso dei quali io ho fatto da interprete.

A Saluzzo ho offerto loro il pranzo in un ristorante nel quale David ha scattato alcune foto, fra cui questa, sulla quale ha disegnato il fumetto e che poi mi ha inviato. Sulla via del ritorno, abbiamo fatto sosta all’abbazia di Santa Maria di Staffarda. L’interno della chiesa era inaccessibile, ma è stato bello ammirarne la facciata rinascimentale, osservare i contrafforti e camminare nell’area dei diversi edifici che fanno parte del complesso abbaziale.   
Abbiamo dedicato due giornate al centro storico di Torino, siamo saliti a Superga a goderci il panorama della città, poi ci siamo rilassati al caffé Baratti & Milano, davanti ad una deliziosa tazza di cioccolata calda, bevanda che loro non conoscevano.



Poi, per conto loro, sono andati nelle Langhe e nel Monferrato, dove hanno visitato alcune cantine. Sono tornati con una bottiglia di barolo, che si sono portati a casa.  Negli ultimi tre giorni sono andati in Francia. Anne, che era hostess di terra, conosceva bene il francese.
Una volta tornato a casa, David mi ha mandato alcune delle foto che aveva scattato, arricchite da fumetti divertenti. Quando le ho mostrate alle persone fotografate, queste mi hanno chiesto di poterle tenere come ricordo e gliele ho lasciate.

Il mio ospite aveva come hobby quello di ricostruire l’albero genealogico di famiglia delle persone che desideravano conoscerlo. Gli avevo raccontato dei miei nonni che erano emigrati in Argentina e delle difficoltà che avevo incontrato quando avevo cercato testimonianze scritte in documenti, atti notarili ecclesiastici e civili a ricostruire questa loro esperienza. Dato che era stato il parroco a suggerire loro di emigrare, a presentargli l'agente che gli ha procurato il biglietto per la nave, ad aiutarli a vendere la loro povera casa, qualcosa dovrebbe pur esserci...
Lui, premuroso come sempre, si è offerto di provare a farlo lui, ma non me la sono sentita di esporlo alla frustrazione derivata dall’aver a che fare con i nostri impiegati pubblici.

 
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